Isolamento e Hikikomori
Ti capita spesso di pensare che non ci sia nessuno in grado di capirti e con cui valga la pena di parlare delle cose veramente importanti per te? Preferisci trascorrere il tuo tempo da solo anziché con altre persone? Eviti di uscire di casa o dalla tua camera? O magari ti infastidisce l’idea di essere visto da altre persone e quindi preferisci interagire con gli altri solo via chat?
Se hai risposto di sì ad alcune di queste domande, forse può interessarti scoprire qualcosa di più sulla sindrome dell’hikikomori.
Con il termine hikikomori si tende a descrivere una sindrome particolare che colpisce ragazzi e ragazze giovani e giovanissimi/e. Il termine è giapponese e deriva dai verbi hiku (tirare indietro) e komoru (ritirarsi), il suo significato completo è dunque “stare in disparte, isolarsi”. Il termine viene utilizzato sia per indicare il ritiro sociale, sia la persona che si ritira. Essere un hikikomori significa isolarsi fisicamente dal resto del mondo, in maniera volontaria, come una sorta di auto-imprigionamento dentro le mura della propria camera. I ragazzi e le ragazze hikikomori lasciano di rado la propria casa, dove passano l’intera giornata evitando di esporsi a qualsiasi forma di socializzazione (la scuola, lo sport, i gruppi di amici). L’isolamento volontario dura per giorni, settimane o addirittura mesi.
Il fenomeno ha attirato l’attenzione su di sé in Giappone già alla fine degli anni ottanta. Inizialmente si pensava che l’hikikomori fosse una sindrome legata ad alcune particolarità della cultura giapponese, ma negli anni diverse ricerche hanno smentito questa ipotesi, infatti oggi se ne parla in molti paesi del mondo: in Italia si stima che circa l’1,2% della popolazione fino ai 18 anni di età metta in atto comportamenti tipici dell’hikikomori. In base alla sua diffusione, sembra che la maggior parte degli hikikomori siano maschi, solo in piccola parte femmine.
Sebbene quando si parla di hikikomori ci si riferisca a persone che decidono di vivere in auto-isolamento, non è detto che gli hikikomori non si relazionino in alcun modo con altre persone. Infatti, in alcuni casi, gli hikikomori non hanno alcun problema a relazionarsi attraverso internet, utilizzando chat, social network e videogiochi online, resta però l’incapacità di comunicare di persona e l’evitamento di qualsiasi tipo di relazione e comunicazione diretta con altri individui, persino con i genitori, con i quali a volte le uniche conversazioni avvengono attraverso la porta chiusa della propria camera.
Quali sono le caratteristiche dell’hikikomori?
Nonostante non esista ancora una definizione ufficiale a livello internazionale dell’hikikomori e nonostante l’hikikomori non sia ancora classificato come patologia a sé stante, il Ministero della Salute giapponese ha indicato alcune caratteristiche e sintomi specifici della sindrome:
Se una persona presenta questi comportamenti e queste caratteristiche, può essere considerato un hikikomori.
Negli ultimi anni sono state condotte diverse ricerche scientifiche che hanno cercato di individuare le possibili cause che portano una persona ad auto-isolarsi. Quel che è emerso è che in alcuni casi l’isolamento è una conseguenza di un problema psichiatrico già esistente (in questo caso si parla di hikikomori secondario), mentre in altri casi l’isolamento è determinato da altri fattori che non sono collegati ad alcun problema psichiatrico già esistente (in questo caso parliamo di hikikomori primario).
L’hikikomori si verifica più frequentemente nelle grandi città, si suppone a causa dei ritmi di vita frenetici, la forte pressione a cui si è sottoposti fin da bambini nell’andare bene a scuola e in seguito avere un lavoro ben retribuito e lo spirito di competizione che caratterizza certi contesti. A volte, quindi, le aspettative dei genitori verso i figli sono così alte da determinare un forte disagio negli adolescenti che non riescono a soddisfarle e che preferiscono ritirarsi in isolamento, per evitare conflitti interpersonali e fallimenti nelle relazioni sociali con gli altri.
Sul piano personale è stato rilevato che una bassa stima di sé stessi e la propensione ad essere introversi aumentano il rischio di ricorrere all’auto-isolamento, così come l’eccessiva timidezza o il provare un forte senso di vergogna e inadeguatezza possono alimentare il desiderio di rimanere all’interno delle mura domestiche per rendersi “invisibili”.
Come già accennato, anche le relazioni con i genitori possono essere una delle cause scatenanti. Una relazione di eccessivo attaccamento e simbiosi con la figura materna, la scarsa presenza della figura paterna e una scarsa comunicazione tra i genitori sono tra i comuni fattori di rischio.
Inoltre, è stato anche rilevato che essere stati vittime di forme gravi di bullismo, o aver avuto vissuti di violenza e abuso sono esperienze che accomunano molti giovani hikimori.
Hikikomori e dipendenza da internet
Dipendenza da internet, dipendenza da videogame e uso problematico delle tecnologie sono state spesso indicate come fattori di rischio che possono portare a sviluppare la sindrome dell’hikikomori, ma nel corso degli anni si è arrivati all’ipotesi che in realtà sia proprio il contrario. Sembra infatti che l’utilizzo eccessivo di internet, videogiochi e tecnologie sia invece un effetto della sindrome dell’hikikomori e che sia la mera conseguenza del fatto che non ci sono molte altre attività ricreative da svolgere quando si è chiusi in casa. Inoltre, le relazioni virtuali, più lineari, logiche e prevedibili, fungono da rimpiazzo per quelle reali, che invece vengono considerate dagli hikikomori troppo complicate e irrazionali.
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Hiroshi è un adolescente giapponese introverso e silenzioso. Un giorno, mentre va a scuola insieme al fratello minore, decide di non varcare la soglia dell’istituto e di tornare immediatamente a casa. Da quel giorno si chiude nella propria stanza da letto, saltando i pasti e smettendo di andare a scuola. Non solo, smette completamente di parlare e ignora i continui tentativi della madre che cerca di capire cosa gli sia accaduto.
Film del 2017 diretto da Isa Prahl
Quando compie 18 anni, Mike si trincera dietro la porta della sua camera. Nessuno conosce i motivi che lo hanno portato a interrompere ogni contatto e nessuno sa che cosa fare. Solo Miriam intuisce la forza che spinge il fratello e sente che anche la sua strada potrebbe portarla dietro alla stessa porta. Un dramma di famiglia, che ne mette a dura prova l´unione. Una storia straordinaria, raccontata in modo delicato sui temi della solitudine, del dolore e dell’empatia.
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