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Discriminazione

Forse ti è capitato di sentirti escluso/a da un gruppo di persone o da un determinato contesto (la scuola, il lavoro, lo sport) o di avere la sensazione di non essere stato considerato/a a sufficienza.

A volte si può avere l’impressione che la propria opinione o la propria esistenza conti meno di quella degli altri semplicemente perché si fa parte di un determinato gruppo di persone. Oppure può capitare che qualcuno ci dica apertamente che non ci apprezza per determinate caratteristiche fisiche o per le nostre idee e che quindi ci allontani o ci renda più difficile partecipare attivamente e alla pari con gli altri a determinate attività.

Può anche capitare di sentirsi trattati ingiustamente o di avere un obiettivo, ma percepire una sorta di barriera invisibile che non ti permette di raggiungerlo.

Se ti è capitato di trovarti in una di queste situazioni o hai assistito a qualcosa del genere, probabilmente hai avuto a che fare con la discriminazione.

Cos’è la discriminazione?

Purtroppo la discriminazione è tanto vecchia quanto la società umana e nei casi in cui una persona viene trattata diversamente per la propria etnia o “razza” è stata spesso affiancata e confusa con il razzismo.

Nella sua definizione più diretta, la discriminazione è il trattamento non equo di individui simili e nella stessa situazione, ma che sono differenti tra loro per una o più caratteristiche come l’etnia, il genere, la (dis)abilità, l’orientamento sessuale, la religione o altro ancora. La discriminazione può essere il risultato di preferenze o esclusioni basate su queste caratteristiche. Oppure può essere il risultato di procedure di selezione o regole che sembrano neutrali, ma che di fatto svantaggiano o avvantaggiano certi individui o gruppi rispetto ad altri. Gli svantaggi possono essere il frutto della cultura di una determinata società o organizzazione (scuola, lavoro, sport) che favorisce alcuni gruppi per motivi storici, legali o politici.

In Europa l’equità formale è un principio molto importante e protetto dalla legge, proprio per questo è difficile rendersi conto delle discriminazioni, perché spesso avvengono nelle fasi in cui qualcosa viene deciso, scelto o si viene selezionati per una determinata opportunità. Però la discriminazione non è aperta ed esplicita, ma agisce in modo nascosto e subdolo, a volte persino inconscio e non intenzionale. Facciamo un esempio.

Anna e Marco sono due ingegneri elettronici, hanno studiato nella stessa università, hanno la stessa età e si sono appena laureati entrambi con il massimo dei voti. Stanno cercando il loro primo lavoro e hanno inviato il proprio curriculum alla stessa azienda. Vengono convocati entrambi per un colloquio che va molto bene sia ad Anna che a Marco. L’azienda è indecisa sul da farsi e alla fine sceglie Marco perché alcuni dati statistici affermano che in genere gli uomini sono più produttivi delle donne.

Non sappiamo veramente se Marco è più produttivo di Anna, ma le statistiche hanno fatto sì che Anna non venisse scelta: Anna è stata vittima di “discriminazione statistica” solo per il fatto di essere una donna.

Cos’è il razzismo?
Anche il razzismo è una forma di discriminazione, ma solitamente è più esplicito e dunque anche più facile da individuare.

Parliamo di razzismo quando vogliamo descrivere il modo di pensare e le azioni di un gruppo di persone nei confronti di un altro gruppo, basato sull’idea che i due gruppi siano distinti da una “razza” e che il gruppo che si atteggia a razzista crede di essere superiore all’altro.

Solitamente il credersi superiori comporta anche trattare sgradevolmente l’altro a causa del colore della pelle, l’etnia o la nazione di provenienza. La gamma di azioni sgradevoli può partire da scherzi di cattivo gusto e prese in giro, passando dagli abusi verbali, dall’incitare gli altri all’odio e a mettere in atto atteggiamenti razzisti. Fino ad arrivare a minacce, insulti, intimidazioni e in ultimo alla violenza fisica verso il gruppo percepito come “differente”.

In realtà, l’idea che esistano delle “razze” umane è solo un mito sociale. Tutti gli umani appartengono alla stessa specie e non esiste nessun collegamento tra il nostro aspetto fisico e la nostra cultura, religione, personalità o intelligenza.

I motivi per i quali le persone possono mettere in atto atteggiamenti razzisti sono molteplici e solitamente hanno origine da qualche pregiudizio, ovvero un’opinione a priori che porta ad azioni anche ingiuste. Oppure possono avere origine da qualche stereotipo, ovvero un insieme di credenze negative che un certo gruppo condivide rispetto ad un altro gruppo o categoria sociale.

Il razzismo può prendere varie forme e può avvenire in diversi luoghi: in pubblico, a scuola, al lavoro, online, sui mezzi pubblici o sui campi sportivi.

Non tutti i tipi di razzismo però sono così ovvi. Ad esempio un addetto alla selezione del personale di un’azienda può decidere di non prendere in considerazione tutte le richieste di lavoro provenienti da persone con un cognome arabo, oppure un ragazzo di origine africana può ritrovarsi costantemente seguito nei negozi dalle guardie di sicurezza che presumono sia lì per rubare qualcosa, anche se lui non ne ha nessuna intenzione. Questi tipi di razzismo possono essere più difficili da individuare proprio perché non sono frutto di azioni dirette, ma di azioni che indirettamente producono uno svantaggio o un disagio sociale.

Il razzismo può avvenire anche a livello sistemico. Parliamo di razzismo sistemico o strutturale quando le politiche e le pratiche di un’istituzione hanno come risultato quello di trattare in maniera non equa un gruppo di persone rispetto ad un altro. Ad esempio è stato osservato che in alcuni Stati europei i figli dei migranti hanno molte più probabilità di non finire la scuola con successo rispetto ai loro coetanei originari di quel determinato Stato. Ciò comporta che avranno meno opportunità lavorative e che lo svantaggio sociale vissuto dai loro genitori avrà molte più possibilità di ripetersi anche per loro. In questo caso il problema non sono tanto i pregiudizi, gli stereotipi o le intenzioni più o meno discriminatore delle parti coinvolte, il problema è la natura sistemica e duratura nel tempo dello svantaggio prodotto da quella istituzione.

Cosa significa “intersezionale”?
Generalmente siamo abituati a categorizzare le discriminazioni secondo specifici settori o motivi discriminatori, infatti si sente spesso parlare di “discriminazione etnica o razziale”, di “discriminazione di genere” o anche di “discriminazione anagrafica”. Negli ultimi anni tuttavia, la ricerca si è diretta sempre più verso l’opinione che la discriminazione può avvenire in settori multipli o per motivazioni multiple. In Europa, ad esempio, una donna africana può venire discriminata sia per il colore della sua pelle, sia per il suo genere. Oppure un uomo islamico omosessuale può subire delle discriminazioni sia per il suo background religioso e culturale, sia per il suo orientamento sessuale. Spesso diventa quindi difficile separare le diverse componenti della discriminazione e queste combinazioni possono dare vita a ciò che si definisce discriminazione multipla o intersezionale.

Il termine intersezionalità si riferisce all’intuizione critica che “razza”, classe sociale, genere, sessualità, etnia, nazionalità, (dis)abilità ed età non agiscono in maniera unitaria ed esclusiva nel meccanismo discriminatorio, ma operano come fenomeni che a seconda del contesto sono capaci di costruire reciprocamente nuove forme complesse di disuguaglianze sociali.

Quali sono le conseguenze della discriminazione?
La discriminazione ha delle conseguenze e dei costi per l’intera società. Prima di tutto la discriminazione ha delle conseguenze emotive, genera infatti sentimenti di diffidenza, rabbia, frustrazione e sfiducia in chi viene discriminato e spesso rafforza le paure e le ansie di chi discrimina.

La discriminazione ha anche dei costi economici: alcune ricerche dimostrano che le aziende che hanno processi selettivi discriminatori hanno il doppio delle possibilità di fallimento rispetto alle aziende che non discriminano il personale. Reclutare o non reclutare un dipendente per una preferenza di genere, etnica o “razziale” senza tenere conto della sua reale produttività, porta ad un utilizzo sub-ottimale delle risorse e dunque, nel tempo, produce meno ricchezza.

Inoltre, ci sono delle conseguenze sociali: la discriminazione può rafforzare l’esclusione sociale andando a restringere la piena partecipazione alle istituzioni di formazione (scuole, università), economiche, politiche e sociali. Le diverse forme di discriminazione possono anche compromettere la fiducia nel sistema meritocratico di distribuzione dei riconoscimenti scolastici o professionali e possono mettere a repentaglio il mercato del lavoro, provocandone il ritiro da quest’ultimo di determinati gruppi di persone. Ciò ha come conseguenza le loro difficoltà economiche e l’aumento dei costi sociali per il sistema di assistenza.

Quando la differenza tra la realtà discriminatoria vissuta e le aspettative di una partecipazione equa alla società diventa troppo grande, si può arrivare a provare un tipo di frustrazione e rabbia che fa sì che non ci si senta più parte della nazione in cui si vive e del suo sistema sociale. Se aggiungiamo il fatto che in alcune città ci sono delle zone di periferia che diventano dei ghetti etnici o economici, è facile che tutti questi fattori portino alla disuguaglianza, alla non-integrazione e a tensioni e conflitti sociali che richiederanno molto tempo e impegno per essere sanati.

Se scrivi o chiami da Trieste, Gorizia e dintorni c’è a disposizione la chat o il numero verde gratuito 800 510 510, o se preferisci puoi recarti presso le strutture dell’Azienda Sanitaria.

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Film e Serie TV sulla discriminazione

The Good Doctor è una serie televisiva statunitense del 2017, creata da David Shore

La serie segue le vicende di Shaun Murphy, un giovane medico specializzando in chirurgia, affetto da autismo e dalla sindrome del savant, proveniente da una cittadina nel Wyoming, Casper, dove ha vissuto un’infanzia travagliata. Sotto la guida del suo mentore, il dott. Aaron Glassman, deciderà così di trasferirsi e di unirsi al prestigioso dipartimento di chirurgia del San Jose St. Bonaventure Hospital, nella California del Nord

When They See Us è una miniserie televisiva drammatica statunitense creata e diretta da Ava DuVernay

La serie documenta il caso della jogger di Central Park, che nel 1989 fu aggredita durante l’allenamento all’interno del noto parco di New York. In seguito all’accaduto, cinque giovani, di cui quattro neri e uno ispanico, furono condannati per il reato, anche se mancavano le prove della loro colpevolezza e poi scagionati in seguito alla confessione del vero colpevole, nel 2002.

Due estranei (Two Distant Strangers) è un cortometraggio del 2020 diretto da Travon Free e Martin Desmond Roe

In questo corto premiato agli Oscar, un uomo cerca di tornare a casa dal suo cane, ma si ritrova in un loop temporale in cui rivive un fatale incontro con un poliziotto.

Pose (stilizzato in POSE) è una serie televisiva statunitense ideata da Ryan Murphy, Brad Falchuk e Steven Canals

La serie, ambientata tra gli anni ottanta e novanta, guarda alla giustapposizione di diversi segmenti della vita e della società a New York: l’ascesa del lussuoso universo dell’era Trump, la scena sociale e letteraria e il mondo della cultura dei ball.

The Help è un film del 2011 diretto da Tate Taylor e interpretato da Emma Stone, Viola Davis, Bryce Dallas Howard, Jessica Chastain, Octavia Spencer, Allison Janney e Sissy Spacek

Ambientato negli anni Sessanta a Jackson, nel Mississippi, The Help racconta del rapporto fra tre donne straordinarie, la cui amicizia è legata ad un manoscritto segreto che infrange le regole sociali e le mette in pericolo.

Il diritto di contare (Hidden Figures) è un film statunitense del 2016 diretto da Theodore Melfi

Il film, basato sul libro omonimo di Margot Lee Shetterly, racconta la storia vera della matematica, scienziata e fisica afroamericana Katherine Johnson, che collaborò con la NASA, sfidando razzismo e sessismo, tracciando le traiettorie per il Programma Mercury e la missione Apollo 11.

Chiamatemi Anna (Anne, intitolato Anne with an “E” su Netflix) è una serie televisiva canadese basata sul romanzo Anna dai capelli rossi di Lucy Maud Montgomery

La serie parla delle avventure della giovane Anna che, dopo aver passato un’infanzia difficile, viene mandata per errore a vivere con gli anziani fratelli Marilla e Matthew Cuthbert. Dopo un’iniziale diffidenza nei confronti di Anna, i due fratelli cominceranno a conoscerla meglio, e la bambina cambierà le loro vite.

We Are Who We Are è una miniserie televisiva italo-statunitense co-creata e diretta da Luca Guadagnino

La miniserie si concentra sulle vite di due adolescenti americani che vivono in una base militare statunitense a Chioggia, nel 2016.

The Imitation Game è un film del 2014 diretto da Morten Tyldum.

La vita del matematico inglese Alan Turing, genio indiscusso del XX secolo, considerato uno dei padri dell’informatica e dei moderni computer, fino alla sua precoce e tragica scomparsa.

Pride è un film del 2014 diretto da Matthew Warchus

Galles, estate del 1984: un gruppo di lesbiche e gay londinese supporta la causa dell’Unione Nazionale Minatori in sciopero e combatte contro una serie di nemici in comune.

Wonder è un film del 2017 diretto da Stephen Chbosky

Auggie, nato con una rara malattia, si trova ad affrontare la scuola per la prima volta. L’amore della sua famiglia e una grande dose di coraggio lo aiutano a trovare il suo posto nel mondo e nel cuore dei compagni di classe.