Il disagio si manifestò impercettibilmente, senza che me ne rendessi conto.
Iniziò una sera, l’ennesima sera trascorsa davanti al computer, lavorando sul progetto da consegnare in tempi relativamente brevi; iniziò con una sensazione, un brivido glaciale lungo la spina dorsale; poi ebbi la netta impressione di essere osservato da occhi invisibili, che scrutavano ogni mia movenza. Andai a letto senza dare peso a quella sensazione.
Ma questa aumentava con il trascorrere dei giorni. Di colpo, l’impressione di essere osservato e giudicato male mi seguì anche quando andavo per la strada, mentre facevo la spesa, mentre uscivo con gli amici. Presto divenne una certezza.
Non riuscii più a uscire di casa. Mi pesava persino portare fuori il cane, evitavo di farlo per non sentirla di nuovo gravarmi addosso come un macigno.
Una notte arrivarono le voci.
La prima fu di un ragazzo che mi offendeva lungo la strada. Quando mi girai a guardare però, non c’era nessuno sul marciapiedi.
Tornai a casa perplesso. Non diedi troppo peso all’accaduto. Nel cuore della notte si presentarono altre voci, come un coro misto tra ragazzi e ragazze, che ridevano di me, di ogni mia movenza, persino di come stavo disteso a letto.
Nei giorni seguenti, avendo sempre quegli occhi puntati addosso e il coro di voci attorno, faticavo persino a prepararmi un panino in santa pace.
Percepivo che qualcosa non stava andando per il verso giusto, eppure le voci erano reali, le udivo distintamente. Provai ad analizzarle, cercai persino un dialogo con alcune di esse.
Intanto il tempo passava e il disturbo aumentava di intensità. Mi vergognavo di raccontare quanto mi stava accadendo ai miei genitori, temevo di non essere creduto; mi confidai con qualche amico, il quale mi disse che si trattava solo di un periodo di pressioni e che, presto, sarebbe tornato tutto alla normalità.
Ma non fu così immediato.
Quella sera tornai a casa convinto che un mio caro amico mi stesse chiamando dalla finestra del piano di sopra. Sentivo la sua voce, mi chiamava, e io volevo raggiungerlo per farci quattro chiacchiere. Lo dissi a mia madre, che mi guardò stralunata. Mi calmò, cercò di spiegarmi che non era possibile, che lui abitava dall’altra parte della città. Io invece insistevo, volevo salire da lui. Per fortuna non lo feci, mi calmai poco a poco.
Il giorno dopo, i miei genitori mi portarono dal medico di famiglia che telefonò a uno psichiatra del centro di salute mentale.
Quando ci andai per la prima volta, avevo difficoltà a parlare, a esprimere concetti chiari e precisi. Mi diedero un farmaco per recuperare tutte le ore di sonno perse.
Ottenuta una certa salubrità mentale, con le voci che, col trascorrere delle settimane, erano solamente una eco lontana, di un passato che volevo lasciarmi presto alle spalle, iniziai degli incontri con lo psichiatra durante i quali si svisceravano le argomentazioni del perché e del come si era presentato il disturbo.
Seguii poi un corso tenuto da una psicologa del centro riguardante il disturbo stesso, per approfondire l’argomento, per carpire i perché e i come questo si manifesta e sul percorso di terapia. Gradualmente, diminuii il dosaggio del farmaco assieme allo psichiatra.
Attualmente frequento, quando riesco, un gruppo di ragazzi che ha avuto più o meno la mia stessa esperienza, con il quale ci si confronta sulle proprie problematiche e, al tempo stesso, ci si rilassa e ci si diverte; mi incontro di frequente con una psicologa del centro, con la quale si sviscerano caratteristiche e aspetti del mio vivere quotidiano per evitare che il disturbo si ripresenti, per cercare in qualche modo di conoscere me stesso più a dovere e per avere una scatola di attrezzi da poter utilizzare nel caso sfortunato in cui il disturbo si rimanifesti.
Nel frattempo vado avanti con la mia vita, con i miei progetti, cerco di non dare troppo peso al timore di una possibile ricaduta, anche se questa paura a volte si ripresenta; la lascio passare e mi tranquillizzo nel sapere che, qualsiasi cosa succeda, ci sono già passato e so che posso contare su più di un aiuto per una eventuale e pronta guarigione.
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